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sabato 6 febbraio 2010

Banale..

Non credo sia questa canzone che ho voluto per caso riascoltare a rendermi in qualche modo partecipe della mia condizione. Mi piacerebbe esprimermi in maniera così banale da essere comprensibile ai più, ma per qualche immondo controsenso che regola l'ordinarietà sociale, il banale, il semplice, l'immediato sono i più soggetti alle incomprensioni, alle critiche, all'essere oggetto di pensieri altrettanto immondi.

E mentre volti sconosciuti e rudi appaiono falsi in questo schermo con il sottofondo di un nuovo brano io mi chiedo ancora se tutto ciò che penso, che vedo, sia solo caos inordinabile, ingestibile, se tutto questo riflettere non sia più che altro una presa in giro che attenderà la fine dei giochi per rivelarsi.
Non so.

Tutto va via, e/ma tutto è soggetto a quei pochi dettami che davvero per esperienza ritengo validi, come alle volte per gioco amo fare con le cose importanti.
E ancora un brano scorre via. Sono solo scritte questa volta. Immagini fisse senza soluzione di continuità. Scorrono frasi celebri, additate come perle di saggezza che fa piacere sentire. Eppure il filo del mio discorso non banale è sempre lo stesso. Lo vorrei far intendere a tutti. Ma tutto ciò che direi (non per fare retorica in ambo i sensi) potrebbe essere usato contro di me.

É un processo ingiusto (anche qui voglio usare le doppie frecce). Un non lieto scorrere di eventi più o meno lieti. Ed è forse l'affannarmi troppo che mi turba, che mi blocca.
Il sapere di aver commesso errori, di conoscere quegli errori e la fretta di porvi rimedio. Scarsi, scarsissimi risultati che mi riportano a quelle pagine consunte che furono davvero i pilastri su cui oggi si regge il mio incoerente scetticismo.








That would had to be trivial..

 

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