patptat

venerdì 9 aprile 2010

A sangue freddo.

Ahah..rido e celo risate.
forse questa è una di quelle poche volte in cui la ridondanza utile non dovrebbe affascinarmi, eppure, con quel finto timore che mi assale ogni volta, mi vedo costretto a buttar giù macchie virtuali d'inchiostro del cui spessore mi accingerò a rifletter in circostanza nuove.
Ed ora quando davvero i tempi sono lunghi spezzoni che so già di non poter assaporare, ora quando tutto ciò che ho davanti appare piccolo ed inconsistente, ora quando, di contro, ciò che mi insegue si fa minaccioso e non più titubante, ora non riesco davvero a pendere per le decisioni più innoque.
La paura di ciò che non conosco sembra non essere tale, ma il pensiero ch'essa non può vestire altre vesti si fa prepotente nella mia mente e mi costringe e voltare lo sguardo a puntare gli occhi d'innanzi a me, ma in terra.
E non so se sia solo un vecchio stallo da superare nella solita maniera, da temere falsamente, da godere in futuro con la superiorità ironica di chi è felice secondo etimi e semantiche che adoro conferire alle cose.
I consigli si fanno turbolenti e la loro intenzione di cambiare seppur in maniera 'planckiana' il mio modo di fare mi disturba la vista, mi altera i sensi, mi ucciderebbe (e perdonatemi l'ultima inconsistenza).
Scritti da leggere e replicare si fanno confusi ora. Addolcivano effettivamente situazioni spiacevoli, ma alla luce di quanto detto paiono avere il solo scopo di confondere ancor di più pensieri da riordinare in tempi più nuovi.
E comportamenti strani sono solo il lato subdolo della mia normalità.


The perfect form


A sangue freddo.

Ahah..rido e celo risate.
forse questa è una di quelle poche volte in cui la ridondanza utile non dovrebbe affascinarmi, eppure, con quel finto timore che mi assale ogni volta, mi vedo costretto a buttar giù macchie virtuali d'inchiostro del cui spessore mi accingerò a rifletter in circostanza nuove.
Ed ora quando davvero i tempi sono lunghi spezzoni che so già di non poter assaporare, ora quando tutto ciò che ho davanti appare piccolo ed inconsistente, ora quando, di contro, ciò che mi insegue si fa minaccioso e non più titubante, ora non riesco davvero a pendere per le decisioni più innoque.
La paura di ciò che non conosco sembra non essere tale, ma il pensiero ch'essa non può vestire altre vesti si fa prepotente nella mia mente e mi costringe e voltare lo sguardo a puntare gli occhi d'innanzi a me, ma in terra.
E non so se sia solo un vecchio stallo da superare nella solita maniera, da temere falsamente, da godere in futuro con la superiorità ironica di chi è felice secondo etimi e semantiche che adoro conferire alle cose.
I consigli si fanno turbolenti e la loro intenzione di cambiare seppur in maniera 'planckiana' il mio modo di fare mi disturba la vista, mi altera i sensi, mi ucciderebbe (e perdonatemi l'ultima inconsistenza).
Scritti da leggere e replicare si fanno confusi ora. Addolcivano effettivamente situazioni spiacevoli, ma alla luce di quanto detto paiono avere il solo scopo di confondere ancor di più pensieri da riordinare in tempi più nuovi.
E comportamenti strani sono solo il lato subdolo della mia normalità.


The perfect form


lunedì 5 aprile 2010

Freddo

E dopo giorni così, dopo tempi che vedi scorrere come palle calciate a caso e al caso, dopo sconosciuti elementi che si rincorrono e ci rincorrono a celare chissà quali istituzioni, qui arriva il momento di abbassare il volume, di avvolgere ed impacchettare desideri più o meno attesi.
I tempi si accorciano e mentre chi conta le ore attende risposte, chi le serva e le sfrutta teme forse quelle stesse risposte.
E formule ricorrenti in discorsi figuranti matrioske danno suoni che sconosciuti divengono lievi e noti, adagi, rispettabili, quasi rispettati.
Eppure l'abitudine è sempre stata la mia arma migliore da sguainare lentamente, lontano dal condividerla con gli altri, eppure ora come ora, pur riuscendo a servarvi fiducia temo che i tempi possano essere davvero troppo fuori dalla mia portata.
E ancora si rincorrono in mente possibili passi induttivi troppo spinti da rincorrere, troppo banali o forse troppo poco da poter essere dispiegati in un gioco di macchie e spazi.

Ad ogni modo non mi stancherò mai di condannare qualcosa con qualcosa.

Freddo

E dopo giorni così, dopo tempi che vedi scorrere come palle calciate a caso e al caso, dopo sconosciuti elementi che si rincorrono e ci rincorrono a celare chissà quali istituzioni, qui arriva il momento di abbassare il volume, di avvolgere ed impacchettare desideri più o meno attesi.
I tempi si accorciano e mentre chi conta le ore attende risposte, chi le serva e le sfrutta teme forse quelle stesse risposte.
E formule ricorrenti in discorsi figuranti matrioske danno suoni che sconosciuti divengono lievi e noti, adagi, rispettabili, quasi rispettati.
Eppure l'abitudine è sempre stata la mia arma migliore da sguainare lentamente, lontano dal condividerla con gli altri, eppure ora come ora, pur riuscendo a servarvi fiducia temo che i tempi possano essere davvero troppo fuori dalla mia portata.
E ancora si rincorrono in mente possibili passi induttivi troppo spinti da rincorrere, troppo banali o forse troppo poco da poter essere dispiegati in un gioco di macchie e spazi.

Ad ogni modo non mi stancherò mai di condannare qualcosa con qualcosa.

giovedì 18 marzo 2010

Muoio..

Perchè giungere a conclusioni in fin dei conti ti fa solo capire di essere in qualchè modo capace di delineare un ragionamento pseudo-logico. Non è saggezza, nessun merito. Solo inevitabile consapevolezza di essere partecipe di un'attività raziocinante più o meno efficace.
Ma la saggezza è altrove, è ben altro. Di certo ritengo di non averla raggiunta neanche per un istante, di non aver presumibilmente la minima idea di cosa significhi davvero sacrificarsi per una causa importante che non mi tocchi per davvero.
Sarà probabilmente solo uno sfogo per l'ultima delusione affrontata o forse solamente immaginata. Eppure un' inutile risma smembrata di fogli bianchi giace sfrontatamente sulla mia scrivania senza che io possa riordinare questo disordine che non mi va più bene.
E ancora immaginare i discorsi vuoti davvero inutili mi timora dal cercare un qualsiasi contatto quasi che io apprezzi questa situazione di inerzia cocente che mi asseta e non mi dà alcuna tregua.
Sarà lo sconforto a far risuonare crude, nell'accezione meno metaforica del termine, queste parole, sarà che gli errori si ripetono e le conseguenze più o meno disastrose si ripercuotono immancabilmente.
E non vedo altra conclusione a queste righe se non un insospeso ragionamento smarrito banale a farsi impensabile da assimilare.
E ogni volta muoio.




 
 
 

Muoio..

Perchè giungere a conclusioni in fin dei conti ti fa solo capire di essere in qualchè modo capace di delineare un ragionamento pseudo-logico. Non è saggezza, nessun merito. Solo inevitabile consapevolezza di essere partecipe di un'attività raziocinante più o meno efficace.
Ma la saggezza è altrove, è ben altro. Di certo ritengo di non averla raggiunta neanche per un istante, di non aver presumibilmente la minima idea di cosa significhi davvero sacrificarsi per una causa importante che non mi tocchi per davvero.
Sarà probabilmente solo uno sfogo per l'ultima delusione affrontata o forse solamente immaginata. Eppure un' inutile risma smembrata di fogli bianchi giace sfrontatamente sulla mia scrivania senza che io possa riordinare questo disordine che non mi va più bene.
E ancora immaginare i discorsi vuoti davvero inutili mi timora dal cercare un qualsiasi contatto quasi che io apprezzi questa situazione di inerzia cocente che mi asseta e non mi dà alcuna tregua.
Sarà lo sconforto a far risuonare crude, nell'accezione meno metaforica del termine, queste parole, sarà che gli errori si ripetono e le conseguenze più o meno disastrose si ripercuotono immancabilmente.
E non vedo altra conclusione a queste righe se non un insospeso ragionamento smarrito banale a farsi impensabile da assimilare.
E ogni volta muoio.




 
 
 

mercoledì 3 marzo 2010

Random..

E alle volte mi chiedo come fare a parlare per una volta seriamente di cose dette e ridette senza cadere nel popolare, nel retorico, nel ridicolo. Sarà la presa di coscienza di una situazione che dovrebbe essere gestità meglio, sarà che, pur non essendo sostenitore delle goccie che fanno traboccare il vaso questa, volta pare proprio essere andati oltre, sarà che una lattina di Coca-Cola non sempre può farti sentire meglio.
Le scelte, i bivi, i rimorsi, i rimpianti. Eppure ho sempre propugnato per una laplaceana imprevedibilità degli eventi che dovrebbe conferirmi quel tanto di sicurezza in più nell'accettare gli errori come elementi imprescindibili (dallo) dell'agire umano. Ma non ci riesco e per non uccidermi rapporto questa mia incapacità alla naturale imperfezione dell'uomo.
Ma una riflessione a riguardo certo non mi guida sul da farsi, o meglio non lo ha ancora fatto e nell'attesa mi affogo in parole senza senso ed immagini così profonde da apparire insignificanti per me emozionanti per gli altri (tutti).
Mi ero forse ripromesso di riflettere più spesso a priori per non dover pagare dazio alla mia superficialità per ciò che è superficiale, ma evidentemente ciò non fa per me. E ricordi di pura filosofia scolastica (nel senso non storico-filosofico) si interfacciano alla mia memoria.
Non avendo tutt'ora risposte mi abbandono ad un crudo random.



Random..

E alle volte mi chiedo come fare a parlare per una volta seriamente di cose dette e ridette senza cadere nel popolare, nel retorico, nel ridicolo. Sarà la presa di coscienza di una situazione che dovrebbe essere gestità meglio, sarà che, pur non essendo sostenitore delle goccie che fanno traboccare il vaso questa, volta pare proprio essere andati oltre, sarà che una lattina di Coca-Cola non sempre può farti sentire meglio.
Le scelte, i bivi, i rimorsi, i rimpianti. Eppure ho sempre propugnato per una laplaceana imprevedibilità degli eventi che dovrebbe conferirmi quel tanto di sicurezza in più nell'accettare gli errori come elementi imprescindibili (dallo) dell'agire umano. Ma non ci riesco e per non uccidermi rapporto questa mia incapacità alla naturale imperfezione dell'uomo.
Ma una riflessione a riguardo certo non mi guida sul da farsi, o meglio non lo ha ancora fatto e nell'attesa mi affogo in parole senza senso ed immagini così profonde da apparire insignificanti per me emozionanti per gli altri (tutti).
Mi ero forse ripromesso di riflettere più spesso a priori per non dover pagare dazio alla mia superficialità per ciò che è superficiale, ma evidentemente ciò non fa per me. E ricordi di pura filosofia scolastica (nel senso non storico-filosofico) si interfacciano alla mia memoria.
Non avendo tutt'ora risposte mi abbandono ad un crudo random.



mercoledì 24 febbraio 2010

Di tutto..

Con il patrocinio di uno dei miei professori preferiti volevo proporvi un forse non noto teorema che spesso si dilegua in insensati modi di dire che ristagnano nelle convinzioni dei più come mere sciocchezze da spolverare qua e là per fare del povero moralismo.

É un teorema che si deve (almeno così vuole la tradizione) ad un personaggio poco noto a molti (a me in prima persona fino a qualche giorno fa), John Duns Scotus e che prende il nome di Ex falso sequitur quodlibet.

Il teorema afferma che partendo da una contraddizione si può dimostrare qualunque affermazione (da qui il titolo latino). Ecco come si fa.

Prendiamo una affermazione qualsiasi: l'ipotesi di Riemann. Supponiamo che sia vera e falsa. Ora vogliamo dimostrare che la seguente uguaglianza è vera:

1+1=3


Bene, dato che l'ipotesi di Riemann è vera, allora è vera anche l'affermazione che dice:


L'ipotesi di Riemann è vera oppure 1+1=3

Infatti una generica proposizione “P vel Q” come quella di sopra è vera quando almeno una delle due proposizioni che la compongono (cioè P oppure Q) è vera.

Perfetto. Dato che la proposizione composta

L'ipotesi di Riemann è vera oppure 1+1=3

è vera, e dato che l'ipotesi di Riemann è falsa, allora occorre che sia vero che

1+1=3.

Quindi la tesi.


Mi scuso per la mancata formattazione in LaTeX ma c'è stato qualche piccolo problema tecnico 
che risolveremo a breve :)

Di tutto..

Con il patrocinio di uno dei miei professori preferiti volevo proporvi un forse non noto teorema che spesso si dilegua in insensati modi di dire che ristagnano nelle convinzioni dei più come mere sciocchezze da spolverare qua e là per fare del povero moralismo.

É un teorema che si deve (almeno così vuole la tradizione) ad un personaggio poco noto a molti (a me in prima persona fino a qualche giorno fa), John Duns Scotus e che prende il nome di Ex falso sequitur quodlibet.

Il teorema afferma che partendo da una contraddizione si può dimostrare qualunque affermazione (da qui il titolo latino). Ecco come si fa.

Prendiamo una affermazione qualsiasi: l'ipotesi di Riemann. Supponiamo che sia vera e falsa. Ora vogliamo dimostrare che la seguente uguaglianza è vera:

1+1=3


Bene, dato che l'ipotesi di Riemann è vera, allora è vera anche l'affermazione che dice:


L'ipotesi di Riemann è vera oppure 1+1=3

Infatti una generica proposizione “P vel Q” come quella di sopra è vera quando almeno una delle due proposizioni che la compongono (cioè P oppure Q) è vera.

Perfetto. Dato che la proposizione composta

L'ipotesi di Riemann è vera oppure 1+1=3

è vera, e dato che l'ipotesi di Riemann è falsa, allora occorre che sia vero che

1+1=3.

Quindi la tesi.


Mi scuso per la mancata formattazione in LaTeX ma c'è stato qualche piccolo problema tecnico 
che risolveremo a breve :)

sabato 20 febbraio 2010

Cubi..

E non sei più qui. No, alcun rimpianto d'amore o simili sciocchezze. Giusto (con un po' di quel seme d'oltremanica) constatazione di perenni e pendolari stati d'inconsistenza. Capita d'altra parte. E il banale (ormai diventato forse troppo ricorrente) accompaga quegli stolti sentimenti di consapevolezza del poter fare e di potenza di non voler fare che solo fino a pochi minuti fa erano per me translitterazioni di una felicità non gratuita.
Eppure la bellezza che troviamo nello smantellare convinzioni e convenzioni è qualcosa di straordinario. Ritrovarci nell'errore di pensare banalmente è altrettanto straordinario. E non mi curo delle ripetizioni pesanti e pleonastiche, non mi curo della pochezza del mio linguaggio che vuol apparire elitario, non mi curo ancora di ciò che l'insensatezza del mondo (e della gente?) cova e affigge nelle menti dei più. É tutto davvero molto strano. Non cedo a simili tentazioni eppure i miei limiti sono davvero molti (non troppi).
E l'apparente nonsense di questo discorso si muove su pentagrammi invadenti con pause e ritmi che mi drogano la mente, m'intorpidiscono gli arti, mi spingono i muscoli e i nervi fuori da queste membra troppo (davvero) pesanti da sostenere, troppo poco forti per sostenere.
E ora con le immagini crude che mi pizzicano gli occhi non ho più il diritto di abbandonarmi al mio sonno.

É impossibile dividere un cubo in due cubi..


Cubi..

E non sei più qui. No, alcun rimpianto d'amore o simili sciocchezze. Giusto (con un po' di quel seme d'oltremanica) constatazione di perenni e pendolari stati d'inconsistenza. Capita d'altra parte. E il banale (ormai diventato forse troppo ricorrente) accompaga quegli stolti sentimenti di consapevolezza del poter fare e di potenza di non voler fare che solo fino a pochi minuti fa erano per me translitterazioni di una felicità non gratuita.
Eppure la bellezza che troviamo nello smantellare convinzioni e convenzioni è qualcosa di straordinario. Ritrovarci nell'errore di pensare banalmente è altrettanto straordinario. E non mi curo delle ripetizioni pesanti e pleonastiche, non mi curo della pochezza del mio linguaggio che vuol apparire elitario, non mi curo ancora di ciò che l'insensatezza del mondo (e della gente?) cova e affigge nelle menti dei più. É tutto davvero molto strano. Non cedo a simili tentazioni eppure i miei limiti sono davvero molti (non troppi).
E l'apparente nonsense di questo discorso si muove su pentagrammi invadenti con pause e ritmi che mi drogano la mente, m'intorpidiscono gli arti, mi spingono i muscoli e i nervi fuori da queste membra troppo (davvero) pesanti da sostenere, troppo poco forti per sostenere.
E ora con le immagini crude che mi pizzicano gli occhi non ho più il diritto di abbandonarmi al mio sonno.

É impossibile dividere un cubo in due cubi..


mercoledì 17 febbraio 2010

Amori..

Deripui tunicam; nec multum rara nocebat;
pugnabat tunica sed tamen illa tegi.
quae cum ita pugnaret, tamquam quae vincere nollet,
victa est non aegre proditione sua.
ut stetit ante oculos posito velamine nostros,
in toto nusquam corpore menda fuit.
quos umeros, quales vidi tetigique lacertos!
forma papillarum quam fuit apta premi!
quam castigato planus sub pectore venter!
quantum et quale latus! quam iuvenale femur!
Singula quid referam? nil non laudabile vidi
et nudam pressi corpus ad usque meum.
Cetera quis nescit? lassi requievimus ambo.
proveniant medii sic mihi saepe dies!

Le strappai la tunica; trasparente non dava molto fastidio;
  lei tuttavia lottava per restarne coperta.
Ma poiché lottava come una che non vuole vincere,
fu vinta facilmente con la sua stessa complicità.
Come, caduto il velo, stette davanti ai miei occhi,
nell'intero corpo non apparve alcun difetto.
Quali spalle, quali braccia vidi e toccai!
La forma dei seni come fatta per le carezze!
Come era liscio il ventre sotto quei seni perfetti!
Come era lungo e dolce il fianco, e altrettanto la fresca coscia.
Che importanza hanno i dettagli? Nulla vidi non degno di lode
  e nuda la strinsi, aderente al mio corpo. 
Chi non conosce il resto? Stanchi riposammo entrambi.
Possano capitarmi spesso pomeriggi come questo!

Tratto da Splash Latino - http://www.latin.it/autore/ovidio/amores/!01!liber_i/05.lat









Amori..

Deripui tunicam; nec multum rara nocebat;
pugnabat tunica sed tamen illa tegi.
quae cum ita pugnaret, tamquam quae vincere nollet,
victa est non aegre proditione sua.
ut stetit ante oculos posito velamine nostros,
in toto nusquam corpore menda fuit.
quos umeros, quales vidi tetigique lacertos!
forma papillarum quam fuit apta premi!
quam castigato planus sub pectore venter!
quantum et quale latus! quam iuvenale femur!
Singula quid referam? nil non laudabile vidi
et nudam pressi corpus ad usque meum.
Cetera quis nescit? lassi requievimus ambo.
proveniant medii sic mihi saepe dies!

Le strappai la tunica; trasparente non dava molto fastidio;
  lei tuttavia lottava per restarne coperta.
Ma poiché lottava come una che non vuole vincere,
fu vinta facilmente con la sua stessa complicità.
Come, caduto il velo, stette davanti ai miei occhi,
nell'intero corpo non apparve alcun difetto.
Quali spalle, quali braccia vidi e toccai!
La forma dei seni come fatta per le carezze!
Come era liscio il ventre sotto quei seni perfetti!
Come era lungo e dolce il fianco, e altrettanto la fresca coscia.
Che importanza hanno i dettagli? Nulla vidi non degno di lode
  e nuda la strinsi, aderente al mio corpo. 
Chi non conosce il resto? Stanchi riposammo entrambi.
Possano capitarmi spesso pomeriggi come questo!

Tratto da Splash Latino - http://www.latin.it/autore/ovidio/amores/!01!liber_i/05.lat









lunedì 15 febbraio 2010

Effetto farfalla..

E per una volta qualcosa di serio, o almeno qualcosa da riporre, a mio parere, in quei fascicoli etichettati da tutti come degni di assurgere ad una condizione di utilità immediatamente tangibile.
É tutta una questione di non poter renderci conto di ciò che facciamo, delle possibili conseguenze di bruciare una pianta, ma anche solo di scrivere queste strane formule, di bere un caffè, muoverci o restare fermi. Si perchè ciò è banale ma per limiti Laplaceani siamo costretti a concentrare la nostra attenzione su limiti di prevedibilità circoscritti.
Morire, bere una cocacola o una cioccolata calda hanno apparentemente ricadute visibili in quanto non così lontane nello spazio e nel tempo da apparire inizialmente incontrollabili.
E c'è chi lo chiama effetto farfalla, chi, come un Enrico Mentana dal tono austero si limita a commentare giorno per giorno ciò che non vorremmo sapere forse con un pizzico di preveggenza, ma a questo punto ritengo di aver oltrepassato, già dal secondo periodo di questo pseudomonito, quel paletto che i più di cui parlavo pongono al "contenente serietà".
Detto ciò vi ripropongo il tutto dopo aver ridatogli una rapida lettura e rassicurandovi del fatto che almeno del morire per cause a noi non imputabili non dovremo mai avere il rimorso di non aver potuto prevedere il gesto di quell'azione.

Grazie.







Effetto farfalla..

E per una volta qualcosa di serio, o almeno qualcosa da riporre, a mio parere, in quei fascicoli etichettati da tutti come degni di assurgere ad una condizione di utilità immediatamente tangibile.
É tutta una questione di non poter renderci conto di ciò che facciamo, delle possibili conseguenze di bruciare una pianta, ma anche solo di scrivere queste strane formule, di bere un caffè, muoverci o restare fermi. Si perchè ciò è banale ma per limiti Laplaceani siamo costretti a concentrare la nostra attenzione su limiti di prevedibilità circoscritti.
Morire, bere una cocacola o una cioccolata calda hanno apparentemente ricadute visibili in quanto non così lontane nello spazio e nel tempo da apparire inizialmente incontrollabili.
E c'è chi lo chiama effetto farfalla, chi, come un Enrico Mentana dal tono austero si limita a commentare giorno per giorno ciò che non vorremmo sapere forse con un pizzico di preveggenza, ma a questo punto ritengo di aver oltrepassato, già dal secondo periodo di questo pseudomonito, quel paletto che i più di cui parlavo pongono al "contenente serietà".
Detto ciò vi ripropongo il tutto dopo aver ridatogli una rapida lettura e rassicurandovi del fatto che almeno del morire per cause a noi non imputabili non dovremo mai avere il rimorso di non aver potuto prevedere il gesto di quell'azione.

Grazie.







venerdì 12 febbraio 2010

Un po' di sera..

Come folli note al vento si muovono
le mie foglie.
É l'animo dei brutti ricordi
delle gioie matte, degli striduli
pensieri che pioggie d'ottobre mutano
a dolci melodie.
Segrete.
Queste le notti migliori, queste
le corse abbozzate con sconosciuti compagni;
e coprirti gli occhi di gioie istantanee
da non riportare, da non ricordare.
Come incomprensibili frasi da mescere
a dolci memorie fingono e fugano
più grevi pensieri.
e non fa male.

Un po' di sera..

Come folli note al vento si muovono
le mie foglie.
É l'animo dei brutti ricordi
delle gioie matte, degli striduli
pensieri che pioggie d'ottobre mutano
a dolci melodie.
Segrete.
Queste le notti migliori, queste
le corse abbozzate con sconosciuti compagni;
e coprirti gli occhi di gioie istantanee
da non riportare, da non ricordare.
Come incomprensibili frasi da mescere
a dolci memorie fingono e fugano
più grevi pensieri.
e non fa male.

giovedì 11 febbraio 2010

A cosa serve tutto ciò..

“Per la matematica, cerca non solo di ricordare semplicemente cosa e come fare, ma anche di capirlo e di apprenderlo come si apprende un pezzo musicale. La matematica non deve essere nella mente come un peso portato dall’esterno, ma come un’abitudine del pensiero: bisogna imparare a vedere i rapporti geometrici in tutta la realtà e a individuare le formule in tutti i fenomeni. Chi è capace di rispondere all’esame e di risolvere i compiti, ma dimentica il pensiero matematico quando non si parla direttamente di matematica, non ha appreso la matematica”.

“La matematica è la più importante delle scienze che formano il pensiero: essa approfondisce, precisa, generalizza e lega in un unico modo la visione del mondo, educa e sviluppa, dà un approccio filosofico alla natura”.


Parole di Pavel Aleksandrovič Florenskij.

(via zar)


A cosa serve tutto ciò..

“Per la matematica, cerca non solo di ricordare semplicemente cosa e come fare, ma anche di capirlo e di apprenderlo come si apprende un pezzo musicale. La matematica non deve essere nella mente come un peso portato dall’esterno, ma come un’abitudine del pensiero: bisogna imparare a vedere i rapporti geometrici in tutta la realtà e a individuare le formule in tutti i fenomeni. Chi è capace di rispondere all’esame e di risolvere i compiti, ma dimentica il pensiero matematico quando non si parla direttamente di matematica, non ha appreso la matematica”.

“La matematica è la più importante delle scienze che formano il pensiero: essa approfondisce, precisa, generalizza e lega in un unico modo la visione del mondo, educa e sviluppa, dà un approccio filosofico alla natura”.


Parole di Pavel Aleksandrovič Florenskij.

(via zar)


mercoledì 10 febbraio 2010

Musica..

Già era 'l sole a l'orizzonte giunto

lo cui meridïan cerchio coverchia

Ierusalèm col suo più alto punto;        3



e la notte, che opposita a lui cerchia,

uscia di Gange fuor con le Bilance,

che le caggion di man quando soverchia;        6



sì che le bianche e le vermiglie guance,

là dov'i' era, de la bella Aurora

per troppa etate divenivan rance.        9



Noi eravam lunghesso mare ancora,

come gente che pensa a suo cammino,

che va col cuore e col corpo dimora.        12




Ed ecco, qual, sorpreso dal mattino,

per li grossi vapor Marte rosseggia

giù nel ponente sovra 'l suol marino,        15



cotal m'apparve, s'io ancor lo veggia,

un lume per lo mar venir sì ratto,

che 'l muover suo nessun volar pareggia.        18




Dal qual com'io un poco ebbi ritratto

l'occhio per domandar lo duca mio,

rividil più lucente e maggior fatto.        21



Poi d'ogne lato ad esso m'appario

un non sapeva che bianco, e di sotto

a poco a poco un altro a lui uscìo.        24



Lo mio maestro ancor non facea motto,

mentre che i primi bianchi apparver ali;

allor che ben conobbe il galeotto,        27



gridò: "Fa, fa che le ginocchia cali.

Ecco l'angel di Dio: piega le mani;

omai vedrai di sì fatti officiali.        30



Vedi che sdegna li argomenti umani,

sì che remo non vuol, né altro velo

che l'ali sue, tra liti sì lontani.        33



Vedi come l' ha dritte verso 'l cielo,

trattando l'aere con l'etterne penne,

che non si mutan come mortal pelo".        36



Poi, come più e più verso noi venne

l'uccel divino, più chiaro appariva:

per che l'occhio da presso nol sostenne,        39




ma chinail giuso; e quei sen venne a riva

con un vasello snelletto e leggero,

tanto che l'acqua nulla ne 'nghiottiva.        42



Da poppa stava il celestial nocchiero,

tal che faria beato pur descripto;

e più di cento spirti entro sediero.        45




'In exitu Isräel de Aegypto'

cantavan tutti insieme ad una voce

con quanto di quel salmo è poscia scripto.        48



Poi fece il segno lor di santa croce;

ond'ei si gittar tutti in su la piaggia:

ed el sen gì, come venne, veloce.        51




 


Musica..

Già era 'l sole a l'orizzonte giunto

lo cui meridïan cerchio coverchia

Ierusalèm col suo più alto punto;        3



e la notte, che opposita a lui cerchia,

uscia di Gange fuor con le Bilance,

che le caggion di man quando soverchia;        6



sì che le bianche e le vermiglie guance,

là dov'i' era, de la bella Aurora

per troppa etate divenivan rance.        9



Noi eravam lunghesso mare ancora,

come gente che pensa a suo cammino,

che va col cuore e col corpo dimora.        12




Ed ecco, qual, sorpreso dal mattino,

per li grossi vapor Marte rosseggia

giù nel ponente sovra 'l suol marino,        15



cotal m'apparve, s'io ancor lo veggia,

un lume per lo mar venir sì ratto,

che 'l muover suo nessun volar pareggia.        18




Dal qual com'io un poco ebbi ritratto

l'occhio per domandar lo duca mio,

rividil più lucente e maggior fatto.        21



Poi d'ogne lato ad esso m'appario

un non sapeva che bianco, e di sotto

a poco a poco un altro a lui uscìo.        24



Lo mio maestro ancor non facea motto,

mentre che i primi bianchi apparver ali;

allor che ben conobbe il galeotto,        27



gridò: "Fa, fa che le ginocchia cali.

Ecco l'angel di Dio: piega le mani;

omai vedrai di sì fatti officiali.        30



Vedi che sdegna li argomenti umani,

sì che remo non vuol, né altro velo

che l'ali sue, tra liti sì lontani.        33



Vedi come l' ha dritte verso 'l cielo,

trattando l'aere con l'etterne penne,

che non si mutan come mortal pelo".        36



Poi, come più e più verso noi venne

l'uccel divino, più chiaro appariva:

per che l'occhio da presso nol sostenne,        39




ma chinail giuso; e quei sen venne a riva

con un vasello snelletto e leggero,

tanto che l'acqua nulla ne 'nghiottiva.        42



Da poppa stava il celestial nocchiero,

tal che faria beato pur descripto;

e più di cento spirti entro sediero.        45




'In exitu Isräel de Aegypto'

cantavan tutti insieme ad una voce

con quanto di quel salmo è poscia scripto.        48



Poi fece il segno lor di santa croce;

ond'ei si gittar tutti in su la piaggia:

ed el sen gì, come venne, veloce.        51




 


lunedì 8 febbraio 2010

Pago io..

E anche questa dura lezione è pronta ad essere archiviata in un fascicolo impolverato. Di quelli su cui soffierai una volta infilzata l'ultima picconata sul colle della soddisfazione. Ma ancora il ricordo è troppo giovane, e sei qui con i piedi doloranti e freddi ad attendere che il tutto sia possibile oggetto di risate facili. Amare sì ma facili. Perchè le lezioni si pagano a duro prezzo e forse ora come non mai la metafora è vuota. È concreto il prezzo, si parla di denaro troppo facile da ottenere e pertanto difficile da pesare. Non è retorica disfattista la mia, non è consolatio più o meno doverosa. Forse è ingiusto a vederlo da qui. Ma sono consapevole che questa multa è realmente sacrosanta (in tutta l'accezione secolare del termine) e che la pagherò in silenzio anche con quanto di me è più polemico.
 

Pago io..

E anche questa dura lezione è pronta ad essere archiviata in un fascicolo impolverato. Di quelli su cui soffierai una volta infilzata l'ultima picconata sul colle della soddisfazione. Ma ancora il ricordo è troppo giovane, e sei qui con i piedi doloranti e freddi ad attendere che il tutto sia possibile oggetto di risate facili. Amare sì ma facili. Perchè le lezioni si pagano a duro prezzo e forse ora come non mai la metafora è vuota. È concreto il prezzo, si parla di denaro troppo facile da ottenere e pertanto difficile da pesare. Non è retorica disfattista la mia, non è consolatio più o meno doverosa. Forse è ingiusto a vederlo da qui. Ma sono consapevole che questa multa è realmente sacrosanta (in tutta l'accezione secolare del termine) e che la pagherò in silenzio anche con quanto di me è più polemico.
 

domenica 7 febbraio 2010

É tardi..

É tardi, ma non penso affatto a tacere. É ancora presto perchè il vero giorno inizi, è ancora presto perchè io mi arrenda a questo stato di cose. Purtroppo, se esistono, io non ho le parole giuste. Non è una rabbia istantanea, un ridicolo gioco di pause e ritmi che si alternano sullo schermo, non è neppure (e lo ammetto) una rabbia covata da tempo, forse non è per nulla rabbia tutto sommato. Qualcosa di incredibile si consuma istante dopo istante, banalmente per molti, nelle strade, nelle tv, nelle parole che la gente afferma e conferma di pesare. Rimango allibito dinnanzi a tale caos calmo (cit.), incredulo dinnanzi all'inconsistenza della gente, alla paura (che mi assale di tanto in tanto) e al contempo all'emozione che tutto ciò possa un giorno finire, esplodere, implodere magnificamente. Non i soliti eventi disastrosi, qualcosa di più. Catastrofico. Ed io mi riparo da codardo sotto l'ègida della coerenza vestita da criticismo; di quella coerenza che prende le forme dalla mia calma apparente. Eppure di giudizi ne ho motli. Di avversioni schiette poche.
E aspetterò con gioia il mio Big One del quale nessuno sciacallo potrà saziarsi.




Just like I see my future..
 

É tardi..

É tardi, ma non penso affatto a tacere. É ancora presto perchè il vero giorno inizi, è ancora presto perchè io mi arrenda a questo stato di cose. Purtroppo, se esistono, io non ho le parole giuste. Non è una rabbia istantanea, un ridicolo gioco di pause e ritmi che si alternano sullo schermo, non è neppure (e lo ammetto) una rabbia covata da tempo, forse non è per nulla rabbia tutto sommato. Qualcosa di incredibile si consuma istante dopo istante, banalmente per molti, nelle strade, nelle tv, nelle parole che la gente afferma e conferma di pesare. Rimango allibito dinnanzi a tale caos calmo (cit.), incredulo dinnanzi all'inconsistenza della gente, alla paura (che mi assale di tanto in tanto) e al contempo all'emozione che tutto ciò possa un giorno finire, esplodere, implodere magnificamente. Non i soliti eventi disastrosi, qualcosa di più. Catastrofico. Ed io mi riparo da codardo sotto l'ègida della coerenza vestita da criticismo; di quella coerenza che prende le forme dalla mia calma apparente. Eppure di giudizi ne ho motli. Di avversioni schiette poche.
E aspetterò con gioia il mio Big One del quale nessuno sciacallo potrà saziarsi.




Just like I see my future..
 

sabato 6 febbraio 2010

Banale..

Non credo sia questa canzone che ho voluto per caso riascoltare a rendermi in qualche modo partecipe della mia condizione. Mi piacerebbe esprimermi in maniera così banale da essere comprensibile ai più, ma per qualche immondo controsenso che regola l'ordinarietà sociale, il banale, il semplice, l'immediato sono i più soggetti alle incomprensioni, alle critiche, all'essere oggetto di pensieri altrettanto immondi.

E mentre volti sconosciuti e rudi appaiono falsi in questo schermo con il sottofondo di un nuovo brano io mi chiedo ancora se tutto ciò che penso, che vedo, sia solo caos inordinabile, ingestibile, se tutto questo riflettere non sia più che altro una presa in giro che attenderà la fine dei giochi per rivelarsi.
Non so.

Tutto va via, e/ma tutto è soggetto a quei pochi dettami che davvero per esperienza ritengo validi, come alle volte per gioco amo fare con le cose importanti.
E ancora un brano scorre via. Sono solo scritte questa volta. Immagini fisse senza soluzione di continuità. Scorrono frasi celebri, additate come perle di saggezza che fa piacere sentire. Eppure il filo del mio discorso non banale è sempre lo stesso. Lo vorrei far intendere a tutti. Ma tutto ciò che direi (non per fare retorica in ambo i sensi) potrebbe essere usato contro di me.

É un processo ingiusto (anche qui voglio usare le doppie frecce). Un non lieto scorrere di eventi più o meno lieti. Ed è forse l'affannarmi troppo che mi turba, che mi blocca.
Il sapere di aver commesso errori, di conoscere quegli errori e la fretta di porvi rimedio. Scarsi, scarsissimi risultati che mi riportano a quelle pagine consunte che furono davvero i pilastri su cui oggi si regge il mio incoerente scetticismo.








That would had to be trivial..

 

Banale..

Non credo sia questa canzone che ho voluto per caso riascoltare a rendermi in qualche modo partecipe della mia condizione. Mi piacerebbe esprimermi in maniera così banale da essere comprensibile ai più, ma per qualche immondo controsenso che regola l'ordinarietà sociale, il banale, il semplice, l'immediato sono i più soggetti alle incomprensioni, alle critiche, all'essere oggetto di pensieri altrettanto immondi.

E mentre volti sconosciuti e rudi appaiono falsi in questo schermo con il sottofondo di un nuovo brano io mi chiedo ancora se tutto ciò che penso, che vedo, sia solo caos inordinabile, ingestibile, se tutto questo riflettere non sia più che altro una presa in giro che attenderà la fine dei giochi per rivelarsi.
Non so.

Tutto va via, e/ma tutto è soggetto a quei pochi dettami che davvero per esperienza ritengo validi, come alle volte per gioco amo fare con le cose importanti.
E ancora un brano scorre via. Sono solo scritte questa volta. Immagini fisse senza soluzione di continuità. Scorrono frasi celebri, additate come perle di saggezza che fa piacere sentire. Eppure il filo del mio discorso non banale è sempre lo stesso. Lo vorrei far intendere a tutti. Ma tutto ciò che direi (non per fare retorica in ambo i sensi) potrebbe essere usato contro di me.

É un processo ingiusto (anche qui voglio usare le doppie frecce). Un non lieto scorrere di eventi più o meno lieti. Ed è forse l'affannarmi troppo che mi turba, che mi blocca.
Il sapere di aver commesso errori, di conoscere quegli errori e la fretta di porvi rimedio. Scarsi, scarsissimi risultati che mi riportano a quelle pagine consunte che furono davvero i pilastri su cui oggi si regge il mio incoerente scetticismo.








That would had to be trivial..

 

venerdì 5 febbraio 2010

Che notte..

Qualis nox fuit illa, di deaeque,
quam mollis torus! Haesimus calentes
et transfudimus hinc et hinc labellis
errantes animas. Valete curae
mortales. Ego sic perire coepi.

Che notte fu quella, o dei o dee,
che morbido letto! Ardenti ci stringemmo
e con le labbra confondemmo le nostre
anime erranti. Addio affanni
mortali. Così io cominciai a morire.









Ho cercato di mantenere quanto più possibile la costruzione latina.
Ma al di là della traduzione ritengo il tutto di una bellezza terrificante.

Che notte..

Qualis nox fuit illa, di deaeque,
quam mollis torus! Haesimus calentes
et transfudimus hinc et hinc labellis
errantes animas. Valete curae
mortales. Ego sic perire coepi.

Che notte fu quella, o dei o dee,
che morbido letto! Ardenti ci stringemmo
e con le labbra confondemmo le nostre
anime erranti. Addio affanni
mortali. Così io cominciai a morire.









Ho cercato di mantenere quanto più possibile la costruzione latina.
Ma al di là della traduzione ritengo il tutto di una bellezza terrificante.

giovedì 4 febbraio 2010

Inutile..

Non c'è forse nulla di bello nelle banalità. Nulla di utile quanto meno. L'ultima emozione nel constatare quanto di più prevedibile sia la vista che riusciamo a scorgere. Ma a rendersi conto che ciò è infinitamente piccolo è un nulla.
É l'insoddisfazione che parla per me, per voi. La speranza che una ciclicità polibiana possa un giorno rendere altrettanto banali queste parole è solo una sorta di allegoria parodica del mio forzato criticismo. Eppure non oso avvicinarmi, non oso sfiorare quelle vestigia di sacralità, di ieraticità (per essere pleonastici) che questa strana spirale sta lasciando con tanta ineluttabiltà, con tanta superbia, con tanta sfrontatezza.
Ma no. Forse, è solo un perenne gioco. Da 0 a 99 anni? Dura.



"sprintrade network"