forse questa è una di quelle poche volte in cui la ridondanza utile non dovrebbe affascinarmi, eppure, con quel finto timore che mi assale ogni volta, mi vedo costretto a buttar giù macchie virtuali d'inchiostro del cui spessore mi accingerò a rifletter in circostanza nuove.
Ed ora quando davvero i tempi sono lunghi spezzoni che so già di non poter assaporare, ora quando tutto ciò che ho davanti appare piccolo ed inconsistente, ora quando, di contro, ciò che mi insegue si fa minaccioso e non più titubante, ora non riesco davvero a pendere per le decisioni più innoque.
La paura di ciò che non conosco sembra non essere tale, ma il pensiero ch'essa non può vestire altre vesti si fa prepotente nella mia mente e mi costringe e voltare lo sguardo a puntare gli occhi d'innanzi a me, ma in terra.
E non so se sia solo un vecchio stallo da superare nella solita maniera, da temere falsamente, da godere in futuro con la superiorità ironica di chi è felice secondo etimi e semantiche che adoro conferire alle cose.
I consigli si fanno turbolenti e la loro intenzione di cambiare seppur in maniera 'planckiana' il mio modo di fare mi disturba la vista, mi altera i sensi, mi ucciderebbe (e perdonatemi l'ultima inconsistenza).
Scritti da leggere e replicare si fanno confusi ora. Addolcivano effettivamente situazioni spiacevoli, ma alla luce di quanto detto paiono avere il solo scopo di confondere ancor di più pensieri da riordinare in tempi più nuovi.
E comportamenti strani sono solo il lato subdolo della mia normalità.
The perfect form
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