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mercoledì 24 febbraio 2010

Di tutto..

Con il patrocinio di uno dei miei professori preferiti volevo proporvi un forse non noto teorema che spesso si dilegua in insensati modi di dire che ristagnano nelle convinzioni dei più come mere sciocchezze da spolverare qua e là per fare del povero moralismo.

É un teorema che si deve (almeno così vuole la tradizione) ad un personaggio poco noto a molti (a me in prima persona fino a qualche giorno fa), John Duns Scotus e che prende il nome di Ex falso sequitur quodlibet.

Il teorema afferma che partendo da una contraddizione si può dimostrare qualunque affermazione (da qui il titolo latino). Ecco come si fa.

Prendiamo una affermazione qualsiasi: l'ipotesi di Riemann. Supponiamo che sia vera e falsa. Ora vogliamo dimostrare che la seguente uguaglianza è vera:

1+1=3


Bene, dato che l'ipotesi di Riemann è vera, allora è vera anche l'affermazione che dice:


L'ipotesi di Riemann è vera oppure 1+1=3

Infatti una generica proposizione “P vel Q” come quella di sopra è vera quando almeno una delle due proposizioni che la compongono (cioè P oppure Q) è vera.

Perfetto. Dato che la proposizione composta

L'ipotesi di Riemann è vera oppure 1+1=3

è vera, e dato che l'ipotesi di Riemann è falsa, allora occorre che sia vero che

1+1=3.

Quindi la tesi.


Mi scuso per la mancata formattazione in LaTeX ma c'è stato qualche piccolo problema tecnico 
che risolveremo a breve :)

Di tutto..

Con il patrocinio di uno dei miei professori preferiti volevo proporvi un forse non noto teorema che spesso si dilegua in insensati modi di dire che ristagnano nelle convinzioni dei più come mere sciocchezze da spolverare qua e là per fare del povero moralismo.

É un teorema che si deve (almeno così vuole la tradizione) ad un personaggio poco noto a molti (a me in prima persona fino a qualche giorno fa), John Duns Scotus e che prende il nome di Ex falso sequitur quodlibet.

Il teorema afferma che partendo da una contraddizione si può dimostrare qualunque affermazione (da qui il titolo latino). Ecco come si fa.

Prendiamo una affermazione qualsiasi: l'ipotesi di Riemann. Supponiamo che sia vera e falsa. Ora vogliamo dimostrare che la seguente uguaglianza è vera:

1+1=3


Bene, dato che l'ipotesi di Riemann è vera, allora è vera anche l'affermazione che dice:


L'ipotesi di Riemann è vera oppure 1+1=3

Infatti una generica proposizione “P vel Q” come quella di sopra è vera quando almeno una delle due proposizioni che la compongono (cioè P oppure Q) è vera.

Perfetto. Dato che la proposizione composta

L'ipotesi di Riemann è vera oppure 1+1=3

è vera, e dato che l'ipotesi di Riemann è falsa, allora occorre che sia vero che

1+1=3.

Quindi la tesi.


Mi scuso per la mancata formattazione in LaTeX ma c'è stato qualche piccolo problema tecnico 
che risolveremo a breve :)

sabato 20 febbraio 2010

Cubi..

E non sei più qui. No, alcun rimpianto d'amore o simili sciocchezze. Giusto (con un po' di quel seme d'oltremanica) constatazione di perenni e pendolari stati d'inconsistenza. Capita d'altra parte. E il banale (ormai diventato forse troppo ricorrente) accompaga quegli stolti sentimenti di consapevolezza del poter fare e di potenza di non voler fare che solo fino a pochi minuti fa erano per me translitterazioni di una felicità non gratuita.
Eppure la bellezza che troviamo nello smantellare convinzioni e convenzioni è qualcosa di straordinario. Ritrovarci nell'errore di pensare banalmente è altrettanto straordinario. E non mi curo delle ripetizioni pesanti e pleonastiche, non mi curo della pochezza del mio linguaggio che vuol apparire elitario, non mi curo ancora di ciò che l'insensatezza del mondo (e della gente?) cova e affigge nelle menti dei più. É tutto davvero molto strano. Non cedo a simili tentazioni eppure i miei limiti sono davvero molti (non troppi).
E l'apparente nonsense di questo discorso si muove su pentagrammi invadenti con pause e ritmi che mi drogano la mente, m'intorpidiscono gli arti, mi spingono i muscoli e i nervi fuori da queste membra troppo (davvero) pesanti da sostenere, troppo poco forti per sostenere.
E ora con le immagini crude che mi pizzicano gli occhi non ho più il diritto di abbandonarmi al mio sonno.

É impossibile dividere un cubo in due cubi..


Cubi..

E non sei più qui. No, alcun rimpianto d'amore o simili sciocchezze. Giusto (con un po' di quel seme d'oltremanica) constatazione di perenni e pendolari stati d'inconsistenza. Capita d'altra parte. E il banale (ormai diventato forse troppo ricorrente) accompaga quegli stolti sentimenti di consapevolezza del poter fare e di potenza di non voler fare che solo fino a pochi minuti fa erano per me translitterazioni di una felicità non gratuita.
Eppure la bellezza che troviamo nello smantellare convinzioni e convenzioni è qualcosa di straordinario. Ritrovarci nell'errore di pensare banalmente è altrettanto straordinario. E non mi curo delle ripetizioni pesanti e pleonastiche, non mi curo della pochezza del mio linguaggio che vuol apparire elitario, non mi curo ancora di ciò che l'insensatezza del mondo (e della gente?) cova e affigge nelle menti dei più. É tutto davvero molto strano. Non cedo a simili tentazioni eppure i miei limiti sono davvero molti (non troppi).
E l'apparente nonsense di questo discorso si muove su pentagrammi invadenti con pause e ritmi che mi drogano la mente, m'intorpidiscono gli arti, mi spingono i muscoli e i nervi fuori da queste membra troppo (davvero) pesanti da sostenere, troppo poco forti per sostenere.
E ora con le immagini crude che mi pizzicano gli occhi non ho più il diritto di abbandonarmi al mio sonno.

É impossibile dividere un cubo in due cubi..


mercoledì 17 febbraio 2010

Amori..

Deripui tunicam; nec multum rara nocebat;
pugnabat tunica sed tamen illa tegi.
quae cum ita pugnaret, tamquam quae vincere nollet,
victa est non aegre proditione sua.
ut stetit ante oculos posito velamine nostros,
in toto nusquam corpore menda fuit.
quos umeros, quales vidi tetigique lacertos!
forma papillarum quam fuit apta premi!
quam castigato planus sub pectore venter!
quantum et quale latus! quam iuvenale femur!
Singula quid referam? nil non laudabile vidi
et nudam pressi corpus ad usque meum.
Cetera quis nescit? lassi requievimus ambo.
proveniant medii sic mihi saepe dies!

Le strappai la tunica; trasparente non dava molto fastidio;
  lei tuttavia lottava per restarne coperta.
Ma poiché lottava come una che non vuole vincere,
fu vinta facilmente con la sua stessa complicità.
Come, caduto il velo, stette davanti ai miei occhi,
nell'intero corpo non apparve alcun difetto.
Quali spalle, quali braccia vidi e toccai!
La forma dei seni come fatta per le carezze!
Come era liscio il ventre sotto quei seni perfetti!
Come era lungo e dolce il fianco, e altrettanto la fresca coscia.
Che importanza hanno i dettagli? Nulla vidi non degno di lode
  e nuda la strinsi, aderente al mio corpo. 
Chi non conosce il resto? Stanchi riposammo entrambi.
Possano capitarmi spesso pomeriggi come questo!

Tratto da Splash Latino - http://www.latin.it/autore/ovidio/amores/!01!liber_i/05.lat









Amori..

Deripui tunicam; nec multum rara nocebat;
pugnabat tunica sed tamen illa tegi.
quae cum ita pugnaret, tamquam quae vincere nollet,
victa est non aegre proditione sua.
ut stetit ante oculos posito velamine nostros,
in toto nusquam corpore menda fuit.
quos umeros, quales vidi tetigique lacertos!
forma papillarum quam fuit apta premi!
quam castigato planus sub pectore venter!
quantum et quale latus! quam iuvenale femur!
Singula quid referam? nil non laudabile vidi
et nudam pressi corpus ad usque meum.
Cetera quis nescit? lassi requievimus ambo.
proveniant medii sic mihi saepe dies!

Le strappai la tunica; trasparente non dava molto fastidio;
  lei tuttavia lottava per restarne coperta.
Ma poiché lottava come una che non vuole vincere,
fu vinta facilmente con la sua stessa complicità.
Come, caduto il velo, stette davanti ai miei occhi,
nell'intero corpo non apparve alcun difetto.
Quali spalle, quali braccia vidi e toccai!
La forma dei seni come fatta per le carezze!
Come era liscio il ventre sotto quei seni perfetti!
Come era lungo e dolce il fianco, e altrettanto la fresca coscia.
Che importanza hanno i dettagli? Nulla vidi non degno di lode
  e nuda la strinsi, aderente al mio corpo. 
Chi non conosce il resto? Stanchi riposammo entrambi.
Possano capitarmi spesso pomeriggi come questo!

Tratto da Splash Latino - http://www.latin.it/autore/ovidio/amores/!01!liber_i/05.lat









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